Viveva molto tempo fa, a PaesinoInMezzoAiMonti, il ragazzo più bello che avesse mai messo piede sulla faccia della terra (gli alieni avevano a lungo dibattuto su questo punto, ma dato che non rientrano tra i miei lettori abituali, non mi dilungherò ulteriormente sul loro punto di vista). La sua beltate era tale che i sovrani di tutti i regni, vicini e lontani, si erano arresi al suo volere e l'avevano dichiarato Principe Supremo dell'Universo.
Egli era circondato da due tipi di individui: i Belli e i Brutti. I Belli erano coloro che, abbagliati dalla sua bellezza, dedicavano la loro esistenza a cercare di imitarlo; mentre i Brutti, consumati da invidia e gelosia, ne criticavano i difetti o, quanto meno, avrebbero voluto farlo, se non ne fosse stato privo.
Un giorno, una giovane e saltellante fanciulla (che, naturalmente, non ero io, perché quella che vi sto raccontando è una fiaba che non ha nulla a che vedere con me) incontrò suddetto Principe e, con un solo sguardo, ne rimase folgorata per sempre. In un atto di inaudito coraggio, la giovincella chiese la mano del Principe, il quale rispose, come sempre accade in ogni romantica storia d'amore ai giorni nostri, che la vedeva solo come un'amica.
La fanciulletta, senza perdersi d'animo, capì che il Principe non sarebbe mai stato suo e intraprese la strada verso il vero amore, cercandolo tra i Belli e i Brutti. Per una fortuita coincidenza del destino, i Brutti sembravano non vedere l'ora di slacciare il suo reggis... Di conoscere meglio il suo carattere; al contrario, i Belli, che, seppur non comparabili al Principe, si potevano ritenere comunque appetibili, si tenevano a debita distanza.
Vi chiedete come prosegua questa fiaba? Attendete la prossima puntata.
domenica 25 maggio 2014
sabato 24 maggio 2014
Sogni liceali
Agosto 2007, sabato
Ho finalmente trovato un fidanzato, Jacopo, il primo della mia vita. Sono così felice da trascorrere insieme a lui la totalità della mia giornata e sentire comunque che mi manca l'aria quando non c'è. Saltello per il mondo ricoperta da uno strato di gioia molesta: avere 18 anni ed essere in cima al mondo.
Questo fine settimana ci sarà una festa in montagna. Lui, purtroppo, non può venire con me, ma lo rivedrò il lunedì mattina. Avverto comunque la necessità di fare cose indicibili per rubare il suo numero di cellulare, perché chiederglielo era troppo mainstream.
Tra sostanze alcoliche di ogni genere e balli scatenati, conosco un ragazzo bellissimo. Ne sono talmente attratta che temo di sbavare, letteralmente, ai suoi piedi, cosa che lui non manca certo di notare.
Non ricordo come sia successo, se sia stato lui a venire da me o il contrario. Ricordo solo che a un certo punto ci ritrovammo a baciarci in modi decisamente vietati ai minori.
Ci metto solo un secondo a realizzare quello che sto facendo: sto tradendo Jacopo. Disperata, respingo il ragazzo appena conosciuto e mi allontano di corsa, in cerca di consolazione. Trovo la mia migliore amica avvinghiata a qualcuno che non ho mai visto prima e poco più in là, seduta tutta sola, la Capra, un'altra cara amica.
Passo oltre, fino ai boschi, ed estraggo il cellulare. Chiamo ripetutamente Jacopo, dicendogli cose che grazie al cielo non ricordo, in un mare di lacrime. Ad un certo punto mi arriva un suo messaggio in cui mi fa presente che lui dovrebbe dormire perché il mattino dopo lavora. Mi dirigo verso la festa a tutta la velocità che le mie giovani gambe consentono e salgo su un tavolo, dal quale urlo rivolta agli invitati "Ragazzi, abbassate le musica ché Jacopo deve dormire!". Un istante dopo, dormo anch'io, sotto il tavolo, senza capire bene il perché.
Mi sveglio, scoprendo con sommo stupore di essere ancora alla festa, e guardandomi intorno vedo un ragazzo dall'aria familiare. Si avvicina. Oh, ma certo, limonavamo fino a poco fa!
Lo prendo per mano e lo porto sulla panchina ove giace ancora la Capra, in solitudine e con aria triste. So di che cos'ha bisogno. Ordino all'ignoto di sedersi vicino a lei e con tutta la mia delicatezza alcolica faccio sbattere le loro teste una contro l'altra; meno di un secondo dopo le loro lingue si sono già incontrate.
Agosto 2007, domenica
Esco a gattoni dalla tenda, chiedendomi quale malefica divinità permetta che accadano queste cose.
I miei ricordi della sera prima si riducono a un ammasso disordinato di musica, luci e corpi ammassati, su cui non voglio indagare oltre.
Il mondo intorno gira vorticosamente. La mia testa. Nessuno osi parlarmi o potrei commettere qualche reato.
Uno sprovveduto mi si avvicina e mi saluta allegramente. Sto per imprecare e lo fisso per un lasso di tempo infinito, chiedendomi quando e dove l'abbia già visto. Mi ci vuole un bel po' (e uno sforzo creativo non indifferente) per ricollegarlo alle scene osé della sera prima. In quel momento, alle mie spalle, qualcuno accende lo stereo.
Maggio 2014, venerdì
Finalmente, il momento che aspettavo da 7 anni: i Matrioska dal vivo.
Ho finalmente trovato un fidanzato, Jacopo, il primo della mia vita. Sono così felice da trascorrere insieme a lui la totalità della mia giornata e sentire comunque che mi manca l'aria quando non c'è. Saltello per il mondo ricoperta da uno strato di gioia molesta: avere 18 anni ed essere in cima al mondo.
Questo fine settimana ci sarà una festa in montagna. Lui, purtroppo, non può venire con me, ma lo rivedrò il lunedì mattina. Avverto comunque la necessità di fare cose indicibili per rubare il suo numero di cellulare, perché chiederglielo era troppo mainstream.
Tra sostanze alcoliche di ogni genere e balli scatenati, conosco un ragazzo bellissimo. Ne sono talmente attratta che temo di sbavare, letteralmente, ai suoi piedi, cosa che lui non manca certo di notare.
Non ricordo come sia successo, se sia stato lui a venire da me o il contrario. Ricordo solo che a un certo punto ci ritrovammo a baciarci in modi decisamente vietati ai minori.
Ci metto solo un secondo a realizzare quello che sto facendo: sto tradendo Jacopo. Disperata, respingo il ragazzo appena conosciuto e mi allontano di corsa, in cerca di consolazione. Trovo la mia migliore amica avvinghiata a qualcuno che non ho mai visto prima e poco più in là, seduta tutta sola, la Capra, un'altra cara amica.
Passo oltre, fino ai boschi, ed estraggo il cellulare. Chiamo ripetutamente Jacopo, dicendogli cose che grazie al cielo non ricordo, in un mare di lacrime. Ad un certo punto mi arriva un suo messaggio in cui mi fa presente che lui dovrebbe dormire perché il mattino dopo lavora. Mi dirigo verso la festa a tutta la velocità che le mie giovani gambe consentono e salgo su un tavolo, dal quale urlo rivolta agli invitati "Ragazzi, abbassate le musica ché Jacopo deve dormire!". Un istante dopo, dormo anch'io, sotto il tavolo, senza capire bene il perché.
Mi sveglio, scoprendo con sommo stupore di essere ancora alla festa, e guardandomi intorno vedo un ragazzo dall'aria familiare. Si avvicina. Oh, ma certo, limonavamo fino a poco fa!
Lo prendo per mano e lo porto sulla panchina ove giace ancora la Capra, in solitudine e con aria triste. So di che cos'ha bisogno. Ordino all'ignoto di sedersi vicino a lei e con tutta la mia delicatezza alcolica faccio sbattere le loro teste una contro l'altra; meno di un secondo dopo le loro lingue si sono già incontrate.
Agosto 2007, domenica
Esco a gattoni dalla tenda, chiedendomi quale malefica divinità permetta che accadano queste cose.
I miei ricordi della sera prima si riducono a un ammasso disordinato di musica, luci e corpi ammassati, su cui non voglio indagare oltre.
Il mondo intorno gira vorticosamente. La mia testa. Nessuno osi parlarmi o potrei commettere qualche reato.
Uno sprovveduto mi si avvicina e mi saluta allegramente. Sto per imprecare e lo fisso per un lasso di tempo infinito, chiedendomi quando e dove l'abbia già visto. Mi ci vuole un bel po' (e uno sforzo creativo non indifferente) per ricollegarlo alle scene osé della sera prima. In quel momento, alle mie spalle, qualcuno accende lo stereo.
Maggio 2014, venerdì
Finalmente, il momento che aspettavo da 7 anni: i Matrioska dal vivo.
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giovedì 22 maggio 2014
Pregiudizi
E' notte. Per le strade della città non si vede nemmeno un'anima e tutto tace.
Mi avvio a passo deciso, conscia di quale sia la mia meta: ho aspettato tutto il giorno solo questo momento.
Lo vedo all'orizzonte e allungo il passo.
Butto la borsa per terra con impazienza e, finalmente, mi accascio sulla mia panchina in mezzo al verde.
Odio gli spazi chiusi, per cui non ho sognato che questo istante sin dal mattino.
Faccio appena in tempo a degustare la piacevole sensazione dell'aria fresca e il silenzio notturno, quand'ecco comparire innanzi al mio sguardo un ragazzo dall'aria poco raccomandabile.
Carnagione scura, occhi neri. Vedo che mi fissa a lungo e temo che possa avvicinarsi.
Figurarsi se non dovevo beccare il solito disperato, penso tra me e me.
Il giovane si siede su una panchina poco distante, continuando a guardarmi. Facendo finta di nulla, estraggo il mio libro. La luce dei lampione è flebile, ma non intendo rinunciare a questo piacere quotidiano.
Trascorrono una decina di minuti e noto in lontananza un'altra figura poco distinta in avvicinamento. Sospetto che punti nella mia direzione e tiro un sospiro di sollievo nello scoprire che è diretto invece alla panchina su cui siede l'altro ragazzo.
Sono abbastanza vicini da sentirli emettere suoni che per le mie orecchie sembrano versi di tacchino e che presuppongo corrispondano a qualche lingua mediorientale.
Mi guardo intorno valutando la situazione.
Sono completamente sola, in un parco isolato ai confini del mondo, di notte. E se fossero terroristi? Stupratori? Trafficanti d'organi? Cercheranno sicuramente di vendermi come schiava e poi...
Lasciano la loro panchina e puntano verso di me, questa volta non ci sono dubbi.
Sento tendersi ogni muscolo del mio corpo.
E se corressi? Certo, con il mio fisico atletico da cinquantenne mi prenderebbero subito. Potrei urlare. Sì, urlerò. Ma non c'è nessuno nei paraggi, chi potrà mai sentirmi?
Mi salutano con la mano. Ricambio con un cenno della testa. Sembrano innocui.
Ho ben capito. Voi volete provarci! Mai una volta che una si possa sedere su una panchina a leggere un libro senza che voi vi riteniate in diritto di venire ad approcciarla con frasi di dubbio gusto e versi animaleschi, no?
Ora non sono più spaventata, sono infuriata e pronta a rispedirli nel loro paese d'origine, qualunque esso sia, a suon d'insulti.
Chi vi credete di essere? Questo è un paese libero e io leggo dove e quando mi pare!
Pronunciano, rivolti a me, una frase in un italiano stentato di cui non riesco a cogliere il significato. Visibilmente in imbarazzo, mi chiedono se parli inglese. Annuisco, l'espressione impassibile.
E' l'ultimo arrivato a parlare, con un inglese impeccabile e tono gentile.
- Scusaci, non vorremmo disturbarti, ma dato che sei qui tutta sola di notte e che potrebbe essere pericolo ci chiedevamo se ci fosse qualcosa che non va e se possiamo esserti d'aiuto. Magari possiamo chiamarti un taxi?
All'improvviso, tutto d'un tratto, mi sento una brutta persona.
Mi avvio a passo deciso, conscia di quale sia la mia meta: ho aspettato tutto il giorno solo questo momento.
Lo vedo all'orizzonte e allungo il passo.
Butto la borsa per terra con impazienza e, finalmente, mi accascio sulla mia panchina in mezzo al verde.
Odio gli spazi chiusi, per cui non ho sognato che questo istante sin dal mattino.
Faccio appena in tempo a degustare la piacevole sensazione dell'aria fresca e il silenzio notturno, quand'ecco comparire innanzi al mio sguardo un ragazzo dall'aria poco raccomandabile.
Carnagione scura, occhi neri. Vedo che mi fissa a lungo e temo che possa avvicinarsi.
Figurarsi se non dovevo beccare il solito disperato, penso tra me e me.
Il giovane si siede su una panchina poco distante, continuando a guardarmi. Facendo finta di nulla, estraggo il mio libro. La luce dei lampione è flebile, ma non intendo rinunciare a questo piacere quotidiano.
Trascorrono una decina di minuti e noto in lontananza un'altra figura poco distinta in avvicinamento. Sospetto che punti nella mia direzione e tiro un sospiro di sollievo nello scoprire che è diretto invece alla panchina su cui siede l'altro ragazzo.
Sono abbastanza vicini da sentirli emettere suoni che per le mie orecchie sembrano versi di tacchino e che presuppongo corrispondano a qualche lingua mediorientale.
Mi guardo intorno valutando la situazione.
Sono completamente sola, in un parco isolato ai confini del mondo, di notte. E se fossero terroristi? Stupratori? Trafficanti d'organi? Cercheranno sicuramente di vendermi come schiava e poi...
Lasciano la loro panchina e puntano verso di me, questa volta non ci sono dubbi.
Sento tendersi ogni muscolo del mio corpo.
E se corressi? Certo, con il mio fisico atletico da cinquantenne mi prenderebbero subito. Potrei urlare. Sì, urlerò. Ma non c'è nessuno nei paraggi, chi potrà mai sentirmi?
Mi salutano con la mano. Ricambio con un cenno della testa. Sembrano innocui.
Ho ben capito. Voi volete provarci! Mai una volta che una si possa sedere su una panchina a leggere un libro senza che voi vi riteniate in diritto di venire ad approcciarla con frasi di dubbio gusto e versi animaleschi, no?
Ora non sono più spaventata, sono infuriata e pronta a rispedirli nel loro paese d'origine, qualunque esso sia, a suon d'insulti.
Chi vi credete di essere? Questo è un paese libero e io leggo dove e quando mi pare!
Pronunciano, rivolti a me, una frase in un italiano stentato di cui non riesco a cogliere il significato. Visibilmente in imbarazzo, mi chiedono se parli inglese. Annuisco, l'espressione impassibile.
E' l'ultimo arrivato a parlare, con un inglese impeccabile e tono gentile.
- Scusaci, non vorremmo disturbarti, ma dato che sei qui tutta sola di notte e che potrebbe essere pericolo ci chiedevamo se ci fosse qualcosa che non va e se possiamo esserti d'aiuto. Magari possiamo chiamarti un taxi?
All'improvviso, tutto d'un tratto, mi sento una brutta persona.
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venerdì 9 maggio 2014
Silenzio
Ieri Luca mentre giocava al pallone ha avuto un infarto.E’ stato 8 minuti senza assistenza.Ora è in terapia intensiva.
Ci conosciamo da poco. Hai solo 21 anni. Io... Non so cosa dire.
martedì 6 maggio 2014
WTF?!
Piove, è buio, fa freddo e tra me e me penso a quanto sarebbe bello avere del tempo libero per dedicarsi ad amene attività, quali dormire. Invece eccomi qui, alla famosa festa degli asparagi di un paese vicino.
Essendo PaesinoInMezzoAiMonti un paesino in mezzo ai monti (chi l'avrebbe mai detto), i suoi abitanti sono il risultato di generazioni e generazioni di gente di montagna, cresciuta a suon di mele, vino e bestemmie, per cui le manifestazioni d'affetto sono difficilmente conciliabili con il loro carattere. Tranne questa sera.
Accolta da calorosi abbracci, mi ritrovo a passare di mano in mano come un morbido peluche, sentendo frasi quali «Io non abbraccio mai, ma mi fai troppa tenerezza». Mi annuso, per verificare se emano qualche strano odore, ma la ritengo un'ipotesi poco probabile. Volano dichiarazioni di persone viste forse due volte, che tuttavia ritengono di essermi molto affezionate e manifestano il loro sostegno emotivo. Inizio a chiedermi se sto sognando e mi pizzico un braccio: sono sveglia.
Capisco che la crisi ormonale non colpisce solo me, ma anche La Rossa, nota per la sua scarsa propensione al contatto fisico, quando la ritrovo tra le braccia di un giovane vichingo, intento in dichiarazioni d'amore.
Inizio a nutrire il forte sospetto che ci sia qualcosa di strano negli asparagi; è l'unica spiegazione plausibile.
Intimorita, striscio verso la porta, tentando la fuga, ma il mio tentativo non passa inosservato e in attimo sono circondata da una nuova forma di zombie.
Allo stremo delle forze, alzo bandiera bianca e mi accascio a terra, soccombendo al potere dei loro abbracci. Con la mente ormai ottenebrata dalla morte imminente, le ultime parole che sento sono «Oggi sei molto bella e pensa che ci provo con te solo una volta ogni due anni quindi potresti anche farmi un favore standoci, anche se poi va sempre a finire che mi tratti come una pezza, facendomi tornare alla realtà e passa tutto».
Confido, in verità, di non incontrare troppi conoscenti e di poter trascorrere la serata in un angolo nascosto, sonnecchiando su una panchina.
Bastano cinque minuti di tempo per realizzare che il mio programma per la serata verrà certamente stravolto, dato che tutto PaesinoInMezzoAiMonti sembra essere presente all'evento: spuntano facce note anche da dietro i cespugli, offrendo birre, cibo e forme di intrattenimento di dubbia moralità.
Sono circondata e non resta altra scelta che mangiare, bere e ballare per non rischiare di essere trascinata dietro i sovraffollati cespugli.
Essendo PaesinoInMezzoAiMonti un paesino in mezzo ai monti (chi l'avrebbe mai detto), i suoi abitanti sono il risultato di generazioni e generazioni di gente di montagna, cresciuta a suon di mele, vino e bestemmie, per cui le manifestazioni d'affetto sono difficilmente conciliabili con il loro carattere. Tranne questa sera.
Accolta da calorosi abbracci, mi ritrovo a passare di mano in mano come un morbido peluche, sentendo frasi quali «Io non abbraccio mai, ma mi fai troppa tenerezza». Mi annuso, per verificare se emano qualche strano odore, ma la ritengo un'ipotesi poco probabile. Volano dichiarazioni di persone viste forse due volte, che tuttavia ritengono di essermi molto affezionate e manifestano il loro sostegno emotivo. Inizio a chiedermi se sto sognando e mi pizzico un braccio: sono sveglia.
Capisco che la crisi ormonale non colpisce solo me, ma anche La Rossa, nota per la sua scarsa propensione al contatto fisico, quando la ritrovo tra le braccia di un giovane vichingo, intento in dichiarazioni d'amore.
Inizio a nutrire il forte sospetto che ci sia qualcosa di strano negli asparagi; è l'unica spiegazione plausibile.
Intimorita, striscio verso la porta, tentando la fuga, ma il mio tentativo non passa inosservato e in attimo sono circondata da una nuova forma di zombie.
Allo stremo delle forze, alzo bandiera bianca e mi accascio a terra, soccombendo al potere dei loro abbracci. Con la mente ormai ottenebrata dalla morte imminente, le ultime parole che sento sono «Oggi sei molto bella e pensa che ci provo con te solo una volta ogni due anni quindi potresti anche farmi un favore standoci, anche se poi va sempre a finire che mi tratti come una pezza, facendomi tornare alla realtà e passa tutto».
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