Ho sempre avuto fame di nuove esperienze. Un desiderio inarrestabile di spingermi oltre ogni limite.
Ho fatto cose indicibili.
Mi sono mangiata l'ultima pizzetta rimasta sul vassoio, senza provare traccia di vergogna.
Ho comprato (e addirittura indossato) degli scaldamuscoli fluo ricoperti di pelo.
Ho ascoltato Gigi d'Alessio che canta Como suena el corazón (che se in italiano può risultare non proprio gradevole, in spagnolo tende decisamente all'orrido), dall'inizio alla fine, più di una volta.
E queste sono solo quelle adatte al mio ampio e variegato pubblico di lettori (sono certa che molti non ce la farebbero, sapendo che una volta ho mangiato la pizza con le patatine... con sopra ketchup e maionese. E mi è piaciuta. Tantissimo). La trasgressione vibra in ogni singola cellula del mio essere. Sono persino sei anni che viaggio sui treni senza biglietto.
Eppure,
Non riesco ad attraversare col rosso.
lunedì 30 dicembre 2013
sabato 28 dicembre 2013
E' venerdì sera, e non c'è niente da fare
Queste sono le mie serate preferite. Quelle in cui la domanda ricorrente è "Cosa facciamo a capodanno?", ma non riusciamo mai a darci una risposta perché "A proposito, ti ho detto che...". Quelle in cui il tempo passa troppo in fretta e abbiamo troppe cose di cui parlare e devi già andare a prendere il treno, "così presto?". Quelle in cui il risotto è troppo al dente e più che bagnato con del vino sembra che ci abbia fatto pure la doccia. Quelle in cui la protagonista del film sembra me, perché ha le tette e non ha paura di usarle, e la cantante di quella canzone sembra te, perché nessun altro potrebbe indossare vestiti così strani. Quelle in cui ti propongo di cucinare al tuo matrimonio e tu immagini scene apocalittiche, con lo sposo in fuga e il ristorante in fiamme. Quelle in cui ogni frase, ogni gesto, ogni atteggiamento e, soprattutto, ogni fotografia potrebbero diventare un'arma perché "vedrai alla tua laurea". Quelle in cui prendo appunti mentalmente per i tuoi regali di Natale, compleanno, battesimo, Channukah e qualunque altra ricorrenza possibile perché sei la mia migliore amica e voglio regalarti qualcosa di speciale. Quelle in cui "Cosa facciamo a capodanno?" e poi, chissà perché, ti racconto dei viaggi che intendo fare quest'estate, come se fosse una risposta perfettamente coerente a questa domanda. Quelle in cui ancora parli e ancora parli, ma bisogna correre al treno... "Di già?". Quelle in cui non serve fare qualcosa e chi se ne frega di capodanno, tanto... è bello anche così.
domenica 1 dicembre 2013
Il gioco
Ci sono quattro porte: una bianca, una azzurra, una nera e una rossa.
La prima porta ad attrarre la mia attenzione è quella azzurra. Il suo aspetto mi trasmette sicurezza e fiducia.
Appoggio la mano sulla maniglia e la apro senza esitazioni. Dietro di essa scopro un cielo azzurro che si stende all'infinito, costellato da nuvole candide che sembrano disegnate per conciliare il sonno e offrire un rifugio sicuro.
Allungo un piede in avanti, senza timore. Volo. La sensazione è meravigliosa, ma anche se vorrei restare lì per sempre decido di ritornare indietro per sbirciare i tesori nascosti dietro le altre porte.
Esco, ma la porta alle mi spalle resta aperta.
Esco, ma la porta alle mi spalle resta aperta.
Mi avvicino quindi alla porta bianca e tento di aprirla, ma non cede ai miei sforzi. Provo ripetutamente finché ci riesco. Guardo al suo interno, ma non vedo nulla. Solo il vuoto e ne resto delusa. Richiudo la porta a malincuore e faccio un passo indietro, guardandola.
Passo a quella rossa. Dietro di essa trovo un buio cupo che mi avvolge, rischiarato solo dalle fiamme che riesco a intravedere svariati meglio al di sotto della porta, in un inferno per il quale non provo altro che l'insensato desiderio di buttarmi, con una carica di adrenalina, e lasciarmi travolgere dal fuoco.
Nonostante questo irrefrenabile impulso, resisto e non mi butto. La chiudo, spostando la mia attenzione verso la porta nera.
Noto che, a differenza delle altre, essa non è ancora a terra, ma sospesa nel vuoto e circondata solo dall'oscurità. Mi avvicino con apprensione e la apro lentamente. All'inizio fatico a distinguere le figure, poi noto che si tratta di una stanza nera, al cento della quale si stende un voluttuoso divano rosso di pelle, che parla di peccati capitali ai quali normalmente non saprei resistere. Sopra il divano, una bionda dallo sguardo languido e invitanti labbra color ciliegia si protende verso di me, permettendomi di accarezzare con lo sguardo il seno prosperoso scarsamente coperto dai pochi stracci di tessuto trasparente che la avvolgono.
Nonostante l'indiscutibile fascino di questa stanza, non provo altro che assoluta indifferenza. E anche se una parte di me vorrebbe entrare, chiudo la porta e me ne vado.
La richiudo. A chiave. Butto via la chiave, lontana da me. Mi allontano... E so che non tornerò più indietro.
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Amore
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